Secondo alcuni storici, la comparsa della Barbera in Piemonte è datata tra gli anni 1512 – 1514, quando ne viene scritto il nome in un documento catastale del Comune di Chieri.
La prima descrizione del vitigno e della sua diffusione, si deve a Giorgio Gallesio, agli inizi dell’Ottocento. Dalle sue indicazioni sappiamo che la Barbera era coltivata in particolare nel “triangolo d’oro”, ovvero il territorio delimitato tra il Tanaro e il Belbo, nei Comuni di Agliano Terme, Castelnuovo Calcea, Costigliole d’Asti, Mombercelli.
Diffusasi ben presto in tutto il Monferrato, l’astesano e l’alessandrino, entrò nel novero dei vitigni piemontesi grazie al suo inserimento nella prima versione della “Ampelografia”, redatta nel 1798 dal Conte Nuvolone.
La Barbera d’Asti ha conosciuto un nuovo rilancio a partire dagli anni ’80, grazie ad un gruppo di produttori decisi ad accrescerne la qualità complessiva per il tramite di un grande lavoro tanto in campo, quanto in cantina.
Riconosciuta come Denominazione di Origine Controllata nel lontano 1970, dal 2000, con l’inserimento in disciplinare di tre distinte sottozone, Nizza (dal 2016 DOC autonoma), Tinella e Colli Astiani, e nel 2008 con il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata e Garantita, ha completato il suo percorso di crescita tra i grandi vini italiani.
La Barbera è vendemmiata solitamente nella seconda metà di settembre. Accanto alla vinificazione in acciaio, che dà vita a vini più freschi ed immediati, si è sviluppato l’uso di barriques e botti, finalizzate a produrre la tipologia Superiore, maggiormente complessa e destinata a un consumo posticipato nel tempo. Seppur immediato e di facile beva, la Barbera d’Asti è un vino capace di attendere per anni il momento migliore per essere consumato.
Si presenta di colore rosso rubino, brillante e profondo, che con il tempo vira al granato.
Al naso è intensa, vigorosa, alcolica.
Al naso si presenta con un ampio bouquet di frutti rossi, dapprima croccanti ed in seguito maturi, quali ciliegia, mora, lampone e prugna. La tipologia Superiore, grazie al suo passaggio in legno si arricchisce anche di note speziate, tipicamente di vaniglia e cacao, per dar vita ad un vino complesso.
In bocca è immediata, grazie ad un piacevole nerbo acido che ci prepara ad un vino asciutto ed intenso, di buona presenza nel centro bocca, dove il frutto si sposa ad una delicata nota floreale. Caratterizzata da una piacevole sapidità, la Barbera d’Asti si presenta rotonda e ben bilanciata nelle varie componenti organolettiche. Nella versione Superiore le sensazioni si fanno più complesse, con note di cioccolato, vaniglia e caffè che ben si sposano alla dolcezza del frutto, comunque presente.
Nel complesso la Barbera d’Asti, specialmente nella tipologia Superiore, si presenta come un vino intenso, complesso e persistente, equilibrato nelle sue componenti dure e morbide, in cui emerge una freschezza capace di rinnovare ogni assaggio, per questo unico e irripetibile.
Fonte: Consorzio Barbera d'Asti e Vini del Monferrato
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https://www.viniastimonferrato.it/denominazioni/barbera-asti-docg/
Il moscato era già largamente diffuso presso i greci e i romani. Il Muscatellum, opportunamente (per quei tempi) resinato, accompagnava le copiose libagioni dei latini.
Oggi il moscato bianco ha trovato la sua zona di elezione in una ristretta plaga del sud del Piemonte.
Un territorio con altissima vocazione vitivinicola che rientra in quella fascia pedoclimatica europea dove nascono i grandi vini in grado di mantenere un bouquet fruttato, una buona longevità e una classe inconfondibili.
Quest'uva, gialla dorata a maturazione, ogni anno attorno al 15 settembre viene pigiata come si faceva nel seicento (Giovanni Battista Croce, gioielliere di Casa Savoia, fu il primo a codificare le regole di vinificazione). Si usano cioè pigiatrici a rulli per una spremitura soffice, e subito vengono separate le parti solide, bucce e graspi, con torchi a delicata pressione, ad aria o ad acqua, sempre per rispettare l'integrità dell'uva.
Il succo ottenuto viene quindi trasferito in recipienti di acciaio inox, dove viene mantenuto al freddo, alla temperatura di zero gradi centigradi, per impedire la fermentazione.
Il Moscato dà vita a due denominazioni: il Moscato d'Asti D.O.G.G., più tradizionale, e prodotto per lo più a livello artigianale contadino più dolce e meno frizzante.
Una vino che oggi si sta imponendo nell'alta ristorazione e nelle enoteche più qualificate; e l'Asti D.O.C.G., uno spumante unico al mondo, nel senso che si ottiene a partire da quel mosto-uva che prima si diceva, e non da vino fermentato come per tutti gli altri spumanti, realizzato con il metodo Martinotti, studioso della Regia Stazione Enologica di Asti, che lo mise a punto alla fine dell'800.
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https://www.astidocg.it/
Lo Chardonnay è stato introdotto in Piemonte nella prima metà dell’Ottocento.
Il suo arrivo si deve al marchese Filippo Antonio Asinari di San Marzano, diplomatico al servizio dei Savoia e di Napoleone. Al suo rientro dalla Francia, il marchese Asinari portò con sé alcune barbatelle di Chardonnay.
Venivano da Montrachet, in Borgogna, oggi celebrata come la vigna che produce “il miglior vino bianco al mondo”.
Furono messe a dimora a Costigliole. Fu così che lo Chardonnay, a partire dall’Ottocento, divenne a tutti gli effetti un vitigno italiano, e un vino “tradizionale” delle colline piemontesi.
Il colore spazia dal giallo paglierino delicato con riflessi verdolini per i vini più giovani vinificati in acciaio al giallo dorato intenso per i vini più invecchiati e affinati in legno.
IL vino Chardonnay è contraddistinto da profumi floreali-fruttati che ricordano fiori bianchi e gialli, cedro, note di pesca, mela e pera e timbri minerali di gesso e pietra focaia; in luoghi più caldi escono fuori aromi di melone e di frutta tropicale come banana, ananas e mango.
Se affinato in barriques gli aromi diventano più complessi: il bouquet si impreziosisce con profumi di vaniglia, nocciole tostate, burro fuso e miele di acacia.
Il Grignolino è certamente uno degli antichi vitigni piemontesi che impreziosiscono il panorama vinicolo e trova la sua culla nel territorio compreso tra Asti e Casale Monferrato. Il suo nome deriva con ogni probabilità da grignole, termine dialettale astigiano impiegato per indicare i vinaccioli particolarmente numerosi del vitigno. Di complessa vinificazione in fase di produzione, ripaga con un vino originale, caratteristico e imprevedibile in grado di affascinare per le sue proprietà e il suo carattere.
Di di colore rosso rubino più o meno tenue, al naso regala un profumo delicato con note fruttate e di sottobosco spesso accompagnate da caratteristici sentori di pepe bianco. Al palato si presenta austero e raffinato, asciutto per la tipica presenza di tannini con retrogusto gradevolmente amarognolo.
Adatto ad antipasti, torte di verdura, anatra e carni bianche, fritture.
Da provare l’abbinamento con i piatti a base di pesce.
Fonte: Consorzio Barbera d'Asti e Vini del Monferrato
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https://www.viniastimonferrato.it/vitigni/grignolino/
Il Cortese è un vitigno a bacca bianca dalle spiccate caratteristiche di freschezza, è un vino secco che può avere proprietà leggere o strutturate, declinabile anche nella versione spumante.
Di colore paglierino chiaro, talvolta con riflessi verdolini, ha profumo tenue e persistente con note floreali e di frutta fresca; al sapore è asciutto, giustamente acido, con fondo lievemente amarognolo armonizzato da una buona sapidità.
È ottimo come aperitivo, accompagna pasti leggeri, antipasti, risotti e delicati piatti di pesce.
Fonte: Consorzio Barbera d'Asti e Vini del Monferrato
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https://www.viniastimonferrato.it/vitigni/cortese/
Il Nebbiolo è un vitigno coltivato in tutto il territorio della regione Piemonte che negli ultimi anni sta trovando una crescente diffusione anche nel territorio di Costigliole d'Asti.
I vitigni che rientrano nella composizione del vino Monferrato DOC Nebbiolo sono Nebbiolo min.90%, altri sono caratterizzati da profumi complessi che possono includere note floreali, fruttate e terrose.
Alcuni degli aromi comuni sono rosa, violetta, ciliegia, lampone, tabacco, cuoio e terra.
In bocca, i vini Nebbiolo sono spesso eleganti e strutturati, con tannini pronunciati e una notevole acidità. I tannini robusti conferiscono al vino una struttura forte e possono risultare astringenti quando i vini sono giovani, ma con l'invecchiamento si ammorbidiscono, contribuendo a una maggiore complessità e armonia nel vino.
Rientra fra i vitigni autoctoni piemontesi anche il Dolcetto d’Asti, dal quale si ottiene un vino di indiscussa gradevolezza
grazie alla naturale e contenuta acidità fissa.
Trova una prestigiosa collocazione colturale in un’area circoscritta a sud di Asti,
nella quale assume espressioni qualitative riconoscibili.
È in grado di sprigionare le caratteristiche migliori se mantenuto in cantina, fino a potersi fregiare della menzione Superiore dopo un anno di affinamento.
Il colore è rosso rubino con riflessi violacei più o meno accentuati, tendente al granato con l’evoluzione;
il profumo intenso di frutta rossa spesso con evidenti sentori di ciliegia accompagna una notevole intensità ed armonia gustativa, con finale tipicamente ammandorlato.
È adatto a tutto il pasto, in particolare si abbina a salumi e prosciutti, antipasti e primi piatti, formaggi freschi o di media stagionatura a pasta dura.
Fonte: Consorzio Barbera d'Asti e Vini del Monferrato
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