Il castello di Burio, posto su una collina a sud di Costigliole, domina dall'alto le valli del Nizza e del Tinella. Tra i pochi rimasti degli antichi castelli esistenti nel costigliolese (con Costigliole capoluogo e Motta), sopravvissuto al tempo ed alle guerre, venne costruito nell'Alto Medioevo, con diverse aggiunte in epoche successive. Burio prenderebbe il nome, secondo una controversa tradizione, da “Euburias”, termine che indicava l'antica zona abitata dagli Euburiati, un vecchio ceppo ligure. Il castello è dotato di un ponte levatoio, probabilmente dello stesso stile ed epoca di quello del castello sforzesco di Milano e di due torri, anche se originariamente si ipotizza fossero tre.
Alla signoria del borgo di Burio si sucedettero, nel tempo, numerose e nobili famiglie (Pelletta, Asinari, Schiara, Malabaila, Roero e Cacherano d'Osasco), l'ultima delle quali fu quella dei conti Lanzavecchia. Residenti nel castello fin dal XIII secolo, i Lanzavecchia rimasero fino al 1916, dando i natali a uomini illustri che si distinsero, soprattutto, nel campo militare. Nel 1617, durante la guerra tra francesi e spagnoli per la successione al Monferrato, il comandante delle truppe spagnole, prima di abbandonare il borgo, lasciò a presidiare il maniero una compagnia di tirolesi. Gli abitanti, contrari a quell'intrusione, cacciarono la guarnigione dopo due giorni di attacco al castello. Secondo la tradizione il castello di Burio era unito a quello di Loreto da un sottopassaggio, fondamentale in tempo di guerra, che ritroviamo anche in un'antica leggenda.
La leggenda del castello di Burio risale al secolo X, quando i Saraceni avevano occupato gran parte dell'Europa Meridionale. Depredata e distrutta la città di Alba, un gruppo di crudeli devastatori arrivò al castello semidiroccato. Il castellano, ormai anziano e senza difese, radunò i suoi pochi uomini in una delle torri, mentre col suo servo andava a cercare aiuto presso la vicina rocca di Loreto. Il castellano, quindi, entrò in una galleria sotterranea con una lanterna ed un crocifisso, quest'ultimo donatogli tempo prima da un uomo tornato dalla Terra Santa, con la promessa che l'avrebbe aiutato nei momenti di pericolo. Vedendo i Saraceni ormai vicini, gridò disperato che almeno il diavolo se li portasse via e subito apparve un grosso serpente, da una spaccatura nel terreno. Il demonio offrì il suo aiuto al castellano chiedendogli in cambio la sua anima, ma il vecchio, consapevole di appartenere solo a Dio, gli intimò di sparire. Quell'invettiva riuscì a far tornare il mostro sotto terra, provocando una scossa che fece crollare la galleria e seppellì tutti i Saraceni inseguitori. Il castellano ed i suoi erano salvi, così come l'antico castello di Burio.